venerdì 10 maggio 2013

Le belle, il buono e la bestia.

Qualche anno fa ho avuto una grossa delusione professionale, unita a vera e propria truffa in stile “the italian job”. Con la differenza che non erano i poveri a rubare ai ricchi ma viceversa.

Dopo aver subito un paio di serie angherie della serie "calcio nel culo e ti sbatto in strada a fare dei chilometri", per tanti mesi non ho percepito stipendi (che poi non mi sono mai arrivati). Ho rischiato persino di perdere il tfr, se non ci fosse stato il fondo di garanzia dello stato a salvarmi il culo.

Per mesi il mio unico sollievo psicologico, non potendomi permettere alcun tipo di supporto terapeutico, era la fame di vendetta.

Ero una belva ferita e feroce.

Provavo istinto di rivalsa, che arrivava spesso a una vera e propria furia omicida.

Ci sono due tipi di disperati nella vita: quelli che si danno fuoco, e quelli che impugnano una semiautomatica.

Io ero sicuramente del secondo tipo.

Così, per mesi, sono sopravvissuto in bilico fra la follia mentale, l'unica cosa che mi faceva stare meglio era l’idea di un regolamento di conti in puro stile Far West: “l’eroe” ferito che non ha più niente da perdere si sacrifica contro l'eterno nemico facendosi giustizia da solo, soccombendo poi alla forca dei benpensanti.

Col passare dei mesi mi sono accorto che non era vero che non avessi niente da perdere. Avevo (e ho) una famiglia stupenda.

Non potevo perdere la crescita delle due piccole, perchè è vero tutto quello che si dice dell’amore “perfetto” fra padre e figlia.

Oltre a questo enorme stimolo al bene, è capitato un evento infausto: è deceduta una persona a me molto cara, un grande saggio della vita.

Mi sono guardato dentro e ho visto un abisso di negatività; paragonato al bell'esempio che avevo davanti ero veramente disgustato dai miei cattivi pensieri.

Per fortuna il grande sacrificio è stata solo una catarsi, un viaggio mentale.

E da allora è sempre un giorno meraviglioso.

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